Il Comune Origini della Società Comunale.
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STORIA MEDIEVALE - IL COMUNEORIGINI DELLA SOCIETÀ COMUNALEIl crollo del sistema feudale e la nascita dei Comuni furono semplicemente il risultato di un processo evolutivo durato molti decenni che determinò il rafforzamento delle popolazioni urbane e dei piccoli proprietari terrieri. L'importanza di questo fenomeno è testimoniata dal fatto che l'ordinamento politico comunale si diffuse in tutti i paesi evoluti del continente europeo; soprattutto nell'Italia centro-settentrionale e nelle Fiandre i Comuni raggiunsero la loro più alta espressione, essenzialmente in conseguenza della mancanza di un potere centrale autorevole ed efficiente. I Comuni riuscirono così a liberarsi progressivamente del controllo dei vescovi-conti e ad incominciare un periodo di autogoverno. La nascita del Comune avvenne sulla base di quanto era rimasto della vita cittadina che aveva dominato gli ultimi secoli dell'esistenza dell'Impero Romano. Nonostante le invasioni barbariche, le distruzioni e lo spostamento del centro della vita economico-politica nelle campagne, le città avevano conservato, durante il Basso Medioevo, e specialmente in Italia, alcuni elementi propri della vita cittadina. In particolare erano rimaste sedi vescovili e quindi centri dell'amministrazione diocesana. Dal X secolo, poi, le città cominciarono a ricostruire le mura, per meglio difendersi dalle incursioni nemiche, offrendo così garanzie di sicurezza e costituendo un richiamo per le popolazioni del contado, che vi si rifugiavano in caso di guerra. Tali fenomeni vennero a coincidere con il fiorire dei commerci e dei traffici dopo l'anno Mille. La città, che, in contrapposizione all'economia chiusa del feudo, sviluppò una politica commerciale sostanzialmente aperta, basata cioè su un libero e regolare traffico di merci, divenne così un polo economico molto articolato in cui si concentravano gli scambi, dove circolava la moneta, dove i commercianti e gli artigiani aumentavano di numero e di importanza, e dove incominciavano a stabilirsi, in cerca di fortuna, piccoli e medi proprietari terrieri, e di nuovi ceti sociali (fra questi, servi della gleba fuggiti dai feudi). Fu dunque lo sviluppo delle attività commerciali la vera fortuna del sistema comunale. Dal Medio Oriente e dall'Impero di Bisanzio giungevano in Europa numerosi prodotti molto richiesti, quali spezie, profumi, stoffe e armi; mentre dai Paesi nordeuropei, attraverso la fitta rete fluviale dell'Olanda e della Germania, arrivavano in Italia molti manufatti e, in particolare, i prodotti dell'artigianato tessile nordeuropeo. Il traffico lungo queste direttrici commerciali favorì inoltre lo sviluppo, dapprima di centri di ritrovo, fiere, grossi borghi ed infine di città vere e proprie. Queste, grazie allo sviluppo delle attività mercantili - agevolate dalla progressiva trasformazione delle strutture sociali ed economiche del feudalesimo -, assunsero col tempo una crescente importanza. Soprattutto le città che erano state date in feudo ad un vescovo (i famosi vescovi-conti) si trovarono in una posizione sostanzialmente privilegiata: il vescovo proteggeva con le sue truppe i mercanti dalle aggressioni e dal brigantaggio, curava la sicurezza dei percorsi commerciali e si schierava dalla parte del popolo nelle controversie che lo opponevano spesso agli altri feudatari. Non sempre però la vita delle città scorreva così pacifica; in alcuni casi anche i vescovi-conti vollero esercitare sulle città un controllo più stretto, dando luogo ad una serie di aspri contrasti. L'organizzazione interna dei Comuni cominciò a delinearsi quando i papi e gli imperatori, avvertendo la crescente importanza dell'elemento comunale, incominciarono a concedere privilegi e libertà alle varie città nel tentativo di stringere fruttuose alleanze. Ma se è vero che il centro dello sviluppo comunale fu la città, è altrettanto vero che la trasformazione fu sentita con lo stesso impeto anche nelle campagne. Qui, mentre i feudatari erano ormai in crisi e incominciavano a violare l'inalienabilità dei terreni, ricorrendo all'enfiteusi e al livello, la grande massa dei contadini dipendenti cominciò a vendere i prodotti nei mercati. Di fronte a questa forte spinta verso la libertà, i contadini incominciarono a non tollerare più i vincoli che li costringevano a trascurare i loro campi per fornire corvées sui terreni del signore. Da questo crescente malcontento nacquero le prime associazioni di lavoratori agricoli, il cui scopo principale era di far in modo che i rapporti della categoria con il signore venissero regolati da una sorta di statuto, per evitare o limitare gli abusi. Questa tendenza ad unirsi in associazioni ricevette un grande impulso nelle città toccando tutte le forze sociali che in quegli anni si stavano mettendo in moto per abolire le vecchie strutture feudali. Nacquero così le associazioni dei giudici, dei notai, dei valvassori e dei proprietari e concessionari di terreni. Tutti questi gruppi non esercitavano direttamente la propria autorità, ma collaboravano collegialmente con il vescovo-conte. Ma, fra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, il Comune da associazione praticamente privata si trasformò in istituto pubblico, scavalcando l'autorità del vescovo-conte e affermando la propria indipendenza da qualsiasi vincolo feudale. Va però osservato che esso non rivendicò mai la formale indipendenza dalla autorità imperiale, né si proclamò Stato sovrano, limitandosi a pretendere autonomia commerciale e amministrativa. L'ORGANIZZAZIONE INTERNAAll'inizio del XII secolo l'ordinamento comunale, che era ancora agli albori, fu sostanzialmente di natura aristocratica. La popolazione delle città presentava una stratificazione sociale che, per certi aspetti, ricordava molto quella feudale e che a quest'ultima probabilmente si era ispirata.Sul primo gradino della scala gerarchica medioevale troviamo i membri delle famiglie feudali che avevano scelto di inurbarsi e gli esponenti più ricchi della nuova classe mercantile. Sotto a costoro esistevano altre due classi sociali: il popolo grasso, composto da banchieri, da industriali a da mercanti meno influenti e il popolo minuto, rappresentato dai piccoli bottegai e dagli artigiani. Il potere esecutivo era affidato a magistrati, detti consoli, che venivano coadiuvati da un Consiglio Maggiore e da un Consiglio Minore, a seconda dell'importanza della vertenza da discutere. Tale stratificazione portò in alcuni casi ad una serie di dure lotte sociali, nel corso delle quali i ceti meno privilegiati cercarono di soppiantare gli altri. Queste lotte e l'ulteriore sviluppo della rivoluzione commerciale determinarono un nuovo capovolgimento di fronte e la struttura politica del Comune subì un'importantissima innovazione. Gli imprenditori e i mercanti, aumentati di numero e di ricchezza, all'inizio del XIII secolo incominciarono a riunirsi in corporazioni o arti. Queste, oltre a proteggere gli interessi di categoria, avevano il compito di stabilire le retribuzioni dei dipendenti, di uniformare i prezzi del mercato, di controllare la qualità dei prodotti ed infine di esercitare una continua pressione politica a vantaggio della categoria. La nascita e il moltiplicarsi di queste corporazioni creò nel mondo politico una crescente tensione. Venne allora introdotto un nuovo sistema politico: il potere era affidato ad un podestà, che in generale era un forestiero e quindi persona imparziale ed estranea alle fazioni cittadine. Questi fungeva da moderatore fra le varie componenti sociali. Il podestà non godeva di un potere monarchico e la sua carica durava per circa un anno; egli era attorniato da funzionari di sua fiducia che lo aiutavano nelle attività politiche ed amministrative. Un'altra importante caratteristica dell'ordinamento comunale era una nuova organizzazione militare basata sulla fanteria e non più, come avveniva nel mondo feudale, sulla cavalleria. I fanti, provenienti dalle file del popolo, si presentavano come un esercito molto più facile da manovrare di fronte alla quale la tradizionale tattica militare della nobiltà feudale, basata sullo scontro di opposte masse di cavalieri, era destinata quasi inevitabilmente a soccombere. Il palazzo del Podestà a Todi (Umbria) LE REPUBBLICHE MARINAREIn concomitanza con lo sviluppo della società comunale, si verificò anche il periodo di massimo splendore delle città costiere italiane, le più importanti delle quali furono le famose repubbliche marinare di Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Queste città, a differenza di quelle delle regioni interne, si erano dedicate sin dalle origini, alle attività commerciali e mercantili, traendo dal mare la loro massima fonte di guadagno.In seguito, con l'avvento della rivoluzione commerciale, i grandi porti italici si arricchirono ulteriormente, grazie ai contatti con le città dell'entroterra. Ad esempio, a Pavia, che fu il nodo commerciale più importante della Lombardia sino all'XI secolo, arrivavano, per via fluviale, merci provenienti da Amalfi, Genova, Napoli e Venezia. Fra il X e il XII secolo, le città marinare dell'Italia meridionale, ottenuta l'indipendenza dall'Impero d'Oriente, grazie alla favorevole posizione geografica, divennero i centri più importanti di tutto il Mediterraneo. Fra queste ricordiamo Bari, Trani, Taranto, Brindisi, Reggio e soprattutto Napoli, Gaeta e Amalfi. Quest'ultima in particolare è famosa per aver redatto un codice commerciale e marittimo, conosciuto con il nome di Tavole Amalfitane. I mercanti amalfitani intrattennero proficui contatti con i mercanti di Costantinopoli, di Antiochia e di tutte le città arabe della Sicilia. Il predominio commerciale della città di Amalfi cessò nel corso del XII secolo a causa dell'invasione dei Normanni che privarono la città dell'autonomia necessaria al tipo di attività da essa svolto. Dopo la caduta di Amalfi, i massimi centri commerciali italiani divennero le città del Tirreno, Pisa e Genova. Come abbiamo già visto nei capitoli precedenti, le due città italiane si impegnarono non solo in attività mercantili, ma anche in operazioni belliche. Furono infatti importantissime le loro imprese contro i musulmani di Spagna, ai quali strapparono la Sardegna, la Corsica e l'isola di Maiorca nelle Baleari. Il rapporto di collaborazione fra Pisa e Genova cessò nel corso del XIII secolo e fra le due città incominciò un periodo di forte concorrenza commerciale. Nel 1200 le due repubbliche si dichiararono guerra a causa di una serie di disaccordi di origine finanziaria. Nel 1284, presso lo scoglio della Meloria, i Pisani ebbero la peggio e Genova rimase l'unica repubblica marinara in grado di contendere il primato commerciale a Venezia. Quest'ultima era il centro di una vasta rete di traffici fra l'occidente e l'oriente. I mercanti veneziani, infatti, intrattenevano ottimi rapporti con Bisanzio e con tutti gli Stati orientali. Venezia, inoltre, era la principale distributrice in oriente di manufatti provenienti da ogni parte d'Europa. L'evoluzione politica della repubblica fu fortemente condizionata da questa ricchissima attività mercantile; infatti la classe aristocratica, già detentrice del potere commerciale, giunse a limitare, a suo vantaggio, il potere del doge. Occorre precisare, a questo punto, che l'aristocrazia veneziana era completamente diversa da quella feudale; infatti i suoi membri non erano tali per discendenza dinastica o per meriti militari, ma erano semplicemente dei grandi mercanti che si erano distinti in passato soprattutto per la loro attività economica. Le pressioni dell'aristocrazia veneziana portarono, nel 1172, alla costituzione di un Maggior Consiglio, composto da 480 membri rinnovabili elettivamente ogni anno. Naturalmente i membri del consiglio dovevano appartenere alla classe aristocratica. Espansione delle Repubbliche Marinare Ricostruzione virtuale di una galea medievale GUELFI E GHIBELLINIDopo il concordato di Worms del 1122, che concluse la famosa lotta per le investiture, le due massime autorità del mondo medioevale, l'imperatore e il papa, andarono incontro ad una nuova crisi politica, causata principalmente dal processo di trasformazione della società europea da feudale a comunale. In Germania, dopo la morte di Enrico V nel 1125, si estinse la dinastia di Franconia, che aveva regnato per quasi un secolo, ed incominciò una dura lotta per la successione.Dapprima fu eletto imperatore, con l'appoggio della casa di Baviera, il duca di Sassonia Lotario di Supplimburgo. All'elezione si opposero i parenti più prossimi di Enrico V, i duchi di Svevia, Federico il Guercio e suo fratello Corrado di Hohenstaufen. Ebbe così inizio un lungo conflitto tra le due fazioni, passate alla storia con il nome di Guelfi e Ghibellini. «Guelfo» deriva da Welf, personaggio vissuto nel IX secolo, antenato dei duchi di Baviera, una delle più importanti famiglie tedesche schierate in favore di Lotario II, duca di Sassonia. Il termine «Ghibellino» deriva invece dal nome del castello degli Hohenstaufen, chiamato Weiblingen, ed indicava il gruppo sostenitore del duca di Svevia. Questi due termini, con i quali venivano chiamati i due gruppi di sostenitori delle casate tedesche aspiranti al trono, vennero utilizzati in seguito nelle vicende italiane, per indicare i sostenitori dell'impero (Ghibellini) e quelli del papato (Guelfi). Nonostante l'iniziale successo dei Guelfi, che, come abbiamo visto, ottennero il trono con Lotario II, le contese dinastiche non cessarono neppure alla morte di quest'ultimo. Guelfi e Ghibellini si scontrarono una seconda volta nel 1137 per stabilire quale fosse il nuovo successore al trono tedesco; in quest'occasione ebbero però la meglio i Ghibellini, che riuscirono ad eleggere come nuovo re Corrado III, membro della famiglia degli Hohenstaufen e duca di Svevia. Le continue lotte interne limitarono l'autorità dell'imperatore, il quale, preoccupato della crisi sociale tedesca, non si interessò sufficientemente ai problemi della penisola italiana; questa fu una grave negligenza da parte dei sovrani germanici, anche perché in questo periodo si stava registrando il più vivace sviluppo dei comuni e delle repubbliche marinare, che aveva così profondamente trasformato le forme classiche dell'assetto feudale del regno d'Italia. Emblematico il caso di Corrado III, che non mise mai piede in Italia. Lotario II invece intervenne in una sola occasione nella penisola, in aiuto a papa Innocenzo II, il quale si trovava in pessimi rapporti con Ruggero d'Altavilla: il regno dei Normanni, dopo l'unificazione dei territori continentali con la Sicilia, era infatti divenuto un pericolo per il piccolo e indifeso Stato della Chiesa. In Italia nel frattempo, approfittando dell'assenza del potere imperiale, i Comuni, come si è già accennato, presero ad usurpare i diritti imperiali (le cosiddette regalie) e ad espandersi nei contadi, sottomettendo i centri abitati minori e i signori feudali (che erano così costretti a trasferirsi in città, unendo i loro interessi a quelli del Comune). Era logico quindi aspettarsi che, quando la crisi imperiale si fosse risolta, le città e l'imperatore si sarebbero trovati in contrasto. ARNALDO DA BRESCIADopo aver analizzato i problemi affrontati dall'impero dopo il Concordato di Worms, passiamo ad analizzare la crisi che sconvolse il papato e tutto lo Stato della Chiesa.Pochi anni dopo lo scontro con Ruggero d'Altavilla, al quale, come si è detto, prese parte lo stesso Lotario II in difesa del papa, la città di Roma fu protagonista di un movimento rivoluzionario di natura comunale. Tutti i cittadini romani, a partire dalla grande e dalla piccola nobiltà sino ai commercianti, agli artigiani e ai ceti più poveri, si ribellarono all'autorità di papa Innocenzo II e, dopo aver eletto un consiglio rappresentativo che prese il nome di Sacer Senatus, nel 1143 rivendicarono e ottennero il potere della città. Rivolte come queste si erano già verificate in altre città italiane, ma la sommossa di Roma ebbe un'importanza particolare: i rivoltosi romani non si ribellarono semplicemente ad un qualsiasi signore feudale, ma al capo della Chiesa cattolica. Questo fatto assunse così un'enorme importanza, soprattutto per i problemi riguardanti il rapporto fra potere temporale e potere spirituale. La lotta fra cittadini romani e papato continuò anche con i successori di Innocenzo II: Eugenio III, rimasto in carica dal 1145 al 1153, fu addirittura costretto a passare la maggior parte del suo pontificato lontano da Roma. Il movimento rivoluzionario romano assunse però un rilevante significato politico quando alla sua guida venne eletto un monaco agostiniano, Arnaldo da Brescia, discepolo di quel Pietro Abelardo insigne filosofo alla scuola di Parigi. Arnaldo, al di là delle motivazioni economiche e politiche, diede un significato religioso alla sommossa capitolina, conducendo un'assidua lotta contro il clero simoniaco. La tesi di Arnaldo da Brescia era tanto semplice quanto giusta: egli sostenne che il clero, in virtù della sua missione puramente spirituale, avrebbe dovuto rinunciare al potere temporale per potersi dedicare completamente ed intensamente ai suoi compiti spirituali ed evangelici. Ricordando le opere dei monasteri benedettini, Arnaldo sostenne che la Chiesa avrebbe dovuto rispettare i principi fondamentali del Cristianesimo primitivo, conducendo una vita di povertà, semplicità e carità, lontana quindi dagli interessi terreni. La tesi di Arnaldo da Brescia riecheggia il pensiero di Ildebrando di Soana (divenuto papa con il nome di Gregorio VII) che, nella prima metà dell'XI secolo, attaccò violentemente il mondo della Chiesa, corrotto dalle simonie e dal concubinaggio. La sostanziale differenza storica fra i due momenti è questa: mentre Gregorio VII sosteneva questa tesi in favore del papato riformatore e contro i sovrani tedeschi, Arnaldo da Brescia condannava le ricchezze della Chiesa e l'autorità temporale del pontefice. FEDERICO BARBAROSSALa complicata situazione politica in cui a metà del XII secolo si trovavano l'Italia, l'Impero germanico e la Chiesa ebbe una svolta significativa quando, alla morte di Corrado III, nel 1152 salì sul trono imperiale Federico I di Hohenstaufen, detto il Barbarossa. Quest'ultimo, non ancora trentenne, seppe dimostrare una vivissima intelligenza politica, dedicandosi sia ai problemi del proprio Paese sia a quelli della penisola italica dove, da ormai troppo tempo, la forza dell'autorità imperiale si era affievolita.Federico I inoltre, pur appartenendo alla famiglia degli Hohenstaufen, discendeva per parte di madre dal casato di Baviera; questo duplice legame con le famiglie più importanti di tutta la Germania gli facilitò il compito di riappacificazione interna che era il suo primo obiettivo. I primi due anni del regno del Barbarossa furono infatti dedicati alla riorganizzazione politica dei territori tedeschi e alla pacificazione dell'antagonismo tra Guelfi e Ghibellini. Per placare gli animi dei Guelfi, suoi parenti per parte materna e acerrimi nemici del suo casato, Federico I concesse loro una serie di privilegi. In particolare al cugino Enrico il Leone il giovane sovrano assegnò la Sassonia e la Baviera e lo autorizzò, quasi lo invitò, a farsi signore di tutte le terre di cui fosse riuscito ad impossessarsi «ove la religione non è ancora professata» (come risulta dai documenti dell'epoca); grazie a questa opera di conciliazione, il Barbarossa poté avvalersi della collaborazione dei grandi feudatari, ritenuta ormai indispensabile a causa della vastità dell'impero. Così mentre Enrico il Leone di Baviera si occupava dei territori settentrionali ed orientali dell'impero, Federico I potè dedicarsi personalmente alla riorganizzazione dei territori italici. La situazione politica italiana rispetto ad un secolo prima era fondamentalmente mutata e la nascita e lo sviluppo dei comuni avevano causato il progressivo indebolimento dell'autorità dei grandi feudatari e dello stesso imperatore. Questo stato di cose ebbe come inevitabile conseguenza il riavvicinamento dei feudatari all'imperatore. Un'immagine di Federico Barbarossa (1123-1190)
IL BARBAROSSA IN ITALIAL'intervento dell'imperatore nella vita politica italiana può essere brevemente schematizzato in sei differenti spedizioni, dette anche discese.La prima di queste avvenne nell'autunno del 1154 quando Federico si presentò nella Pianura Padana, seguito da un modestissimo esercito, con la precisa intenzione di riaffermare la propria autorità. A questo proposito, nel dicembre dello stesso anno egli convocò a Roncaglia, nei pressi di Lodi e Piacenza, una dieta, alla quale furono invitati tutti i grandi feudatari e i rappresentanti dei comuni. In quest'occasione Federico Barbarossa condannò tutte le violazioni delle leggi imperiali e, in particolare, annullò le alienazioni di feudi avvenute senza il consenso dell'autorità imperiale. In sostanza l'imperatore tedesco pretendeva la restituzione dei territori conquistati dai comuni e la sottomissione di questi ultimi alle volontà dei rispettivi signori o vescovi-conti originari. Le delibere espresse nella Dieta di Roncaglia, se da una parte entusiasmarono i vecchi signori feudali e alcuni centri rimasti fedeli all'imperatore, d'altro canto vennero fortemente contestate dai comuni che, come Milano, vedevano nell'autonomia politica dell'impero l'unica via di sviluppo economico e sociale. L'ostilità dei comuni dell'Italia settentrionale indispettì notevolmente Federico Barbarossa che dimostrò il suo sdegno distruggendo la cittadina di Tortona, colpevole di essere alleata di Milano, incendiando Chieri e costringendo gli abitanti di Asti a sottomettersi alle volontà del marchese di Monferrato. In seguito il Barbarossa, che non disponeva di un numero di uomini sufficiente per attaccare Milano, si insediò a Pavia, città che per odio verso i grandi comuni si era schierata a favore della casa di Svevia. Qui nel 1155 Federico I si fece proclamare re d'Italia e fu incoronato con la Corona Ferrea. Da Pavia il re si spostò a Roma, dove era stato chiamato da papa Adriano IV che era impegnato nella repressione della rivolta guidata da Arnaldo da Brescia. Giunto in città il Barbarossa si impadronì immediatamente della situazione e riuscì a ristabilire l'ordine. Arnaldo da Brescia fu catturato dal suo esercito e consegnato al papa, che lo condannò al rogo in qualità di eretico. In cambio dell'aiuto, Adriano IV conferì a Federico I il titolo di imperatore (1155). Tuttavia i rapporti fra l'imperatore e il papa si guastarono dopo soli due anni: furono infatti ben presto chiare le reali intenzioni di Federico Barbarossa, che ambiva affermare il proprio potere sui territori della Chiesa, riducendo il pontefice a compiti esclusivamente spirituali. Dopo l'incoronazione a Roma, Federico I aveva intenzione di proseguire il suo viaggio verso l'Italia meridionale per affrontare Guglielmo I, che egli considerava come un usurpatore dei suoi diritti di re d'Italia. La spedizione nel Mezzogiorno non ebbe però mai luogo, grazie all'intervento degli ufficiali del suo esercito che dissuasero l'imperatore da questa ennesima impresa. Terminava così la prima spedizione in Italia di Federico I. LA DIETA DI RONCAGLIATornato in Germania, Federico Barbarossa iniziò i preparativi per la seconda spedizione in Italia. Nel 1157 l'imperatore precisò ulteriormente i suoi propositi in occasione della Dieta di Besançon (Borgogna). A questa riunione il Barbarossa invitò anche i sovrani di Francia, di Inghilterra, di Ungheria, di Boemia, di Polonia e di Danimarca, che egli considerava come re delle province imperiali e quindi come suoi sottoposti.Durante la Dieta di Besançon, Federico I riaffermò la suprema autorità dell'imperatore sui territori europei e stabilì che tutte le forze dell'impero, compreso il pontefice, dovessero sottomettersi alla sua guida. Le pretese di supremazia sul papato vennero però fermamente contestate dal cardinale Rolando Bandinelli, rappresentante del pontefice. Ma nessuna opposizione riuscì a fermare Federico I che, nell'agosto del 1158, cinse d'assedio Milano. Per riprendere e rendere esecutive le sue disposizioni dettate nel corso della Dieta di Besançon, nel novembre del 1158 il Barbarossa riunì una seconda Dieta presso la cittadina di Roncaglia. In questa occasione quattro giuristi, succeduti al fondatore dell'Università di Bologna (Irnerio) nella sua guida, dimostrarono, sulla base del diritto romano, la validità delle tesi assolutistiche dell'imperatore. Al termine della seconda Dieta di Roncaglia, venne così stabilito: che tutti i diritti costituiti, sia dei feudatari che dei comuni, erano da considerarsi sospesi; che la nomina dei magistrati, la possibilità di coniare monete, la riscossione delle imposte e tutte le attività politiche ed amministrative spettavano all'imperatore; ed infine, che le associazioni sorte all'interno dei singoli comuni e fra le città stesse erano da dichiararsi fuorilegge. La posizione assunta dall'imperatore era quindi nettamente contrapposta a quella dei comuni e le deliberazioni della Dieta di Roncaglia apparivano più come una minaccia di guerra che come delle semplici norme restauratrici. A peggiorare la situazione contribuì lo stesso Barbarossa che inviò un certo numero di suoi funzionari (missi o potestates) nelle varie città dell'Italia settentrionale, con il compito di amministrare la giustizia e di tutelare i diritti e gli interessi dell'impero. MILANOA questa imposizione molti comuni italiani, a partire da quello di Milano, reagirono immediatamente, scacciando i rappresentanti dell'imperatore. La reazione del Barbarossa fu perentoria: nel luglio del 1159 l'esercito imperiale cinse d'assedio la città di Crema che, dopo solo sei mesi, dovette arrendersi. In quest'occasione gli uomini dell'imperatore dimostrarono una crudeltà inaudita giungendo ad utilizzare gli ostaggi cremaschi come scudi contro le difese degli uomini del comune. Nel 1160 la città fu rasa al suolo e i suoi abitanti vennero costretti ad osservare le deliberazioni della Dieta di Roncaglia. Il Barbarossa poté quindi impegnare tutte le sue forze contro Milano. L'imperatore poteva inoltre disporre dell'alleanza di Como, Novara, Pavia, Cremona e Lodi che, dopo aver subito il predominio milanese per molti anni, si schierarono dalla sua parte. La resistenza di Milano si dimostrò ben più tenace di quanto pensasse il Barbarossa, ma dopo due anni di assedio, nel marzo del 1162, la città fu costretta ad arrendersi per fame. Federico I fu irremovibile e ordinò la completa distruzione di Milano, nonostante le suppliche dei suoi abitanti; il compito di radere al suolo la città fu affidato agli abitanti di Como, Novara, Cremona e Pavia. Le deliberazioni della Dieta di Roncaglia, da questo momento in poi, divennero esecutive in tutta l'Italia settentrionale. Ma la stessa violenza con cui furono imposte ci fa capire come quelle regole fossero ormai inaccettabili per una società tanto evoluta come quella dell'Italia settentrionale. Nel frattempo, proprio in quegli anni, i contrasti fra il papato e l'impero assunsero toni molto accesi. In occasione della morte di papa Adriano IV, nel 1159, Federico Barbarossa pretese di influenzare la nomina del nuovo pontefice, scatenando l'immediata reazione di tutto il clero. I cardinali romani infatti negarono all'imperatore questo diritto in nome dei principi sanciti durante la lotta delle investiture, escludendo ogni intercessione esterna nelle vicende della Chiesa. Inoltre, per ribadire la disapprovazione di Roma nei confronti della politica dell'imperatore, il clero della capitale investì della carica pontificia il più deciso esponente della corrente anti-imperiale: il senese Rolando Bandinelli (già citato a proposito della Dieta di Besançon) che assunse il nome di Alessandro III. Federico I anche in questo caso reagì violentemente e decise di contrapporre ad Alessandro III un antipapa nella persona di Vittore IV. Ma nonostante ciò, la maggior parte degli Stati cristiani rimase fedele al papato di Roma e al pontificato di Alessandro III.LA LEGA LOMBARDADopo questi primi interventi in Italia, che videro il successo dei piani dell'imperatore, il Barbarossa dovette affrontare un periodo di crisi causato soprattutto da un generale malcontento dei feudatari tedeschi. Federico I fu così costretto a tornare in Germania e ad affiancarsi al cugino Enrico il Leone che, occupato a mantenere intatta la sua autorità nel ducato di Sassonia, incominciò a dimostrarsi più restio a condividere la politica imperiale nell'Italia settentrionale. Nel frattempo papa Alessandro III scomunicò l'imperatore, sciogliendo così i suoi sudditi da ogni dovere d'ubbidienza, e si fece promotore di una coalizione anti-imperiale. Anche i comuni italiani incominciarono ad intuire il vero pericolo che incombeva su di loro e diedero vita ad un vasto movimento di alleanze. Persino comuni come Pavia e Lodi, coautori della distruzione di Milano, incominciarono a capire che la politica del Barbarossa non era semplicemente anti-milanese, ma rivolta contro tutti i comuni italiani. Dopo altre due brevi spedizioni del Barbarossa in Italia, il processo di fusione anti-imperiale incominciò a dare i primi frutti. Nel 1164 nacque la Lega Veronese a cui aderirono le città di Verona, Vicenza, Padova e Treviso. Ad essa si aggregarono, in un secondo tempo, anche Venezia e il papa, che mantenne contatti segreti per ottenere aiuti dall'Impero d'Oriente. Nel 1167 Cremona, che era stata fedele all'imperatore durante la distruzione di Milano, si fece promotrice di una lega con Brescia, Bergamo e Mantova. Il 7 aprile dello stesso anno questa associazione di città lombarde venne consacrata con il famoso giuramento di Pontida (nei pressi di Bergamo), in occasione del quale fu deliberata la ricostruzione di Milano. Il 1° dicembre del 1167 le due diverse alleanze si unirono e diedero origine alla Lega Lombarda. Questa associazione, approvata dal papa, che la definì «frutto di un'ispirazione divina», non aveva come fine quello di scacciare l'imperatore, ma semplicemente quello di limitare la dipendenza dei comuni dalla sua autorità, riducendola a semplici atti di omaggio formale. Mentre in Italia settentrionale i comuni davano vita alle varie leghe, Federico Barbarossa preferì occuparsi della Chiesa. Alla morte dell'antipapa Vittore IV gli succedette Guido di Crema con il nome di Pasquale III. Per sostenere l'autorità di quest'ultimo nei confronti del pontefice, l'imperatore scese in Italia per la quarta volta e cinse d'assedio Roma. Dopo una breve resistenza la città si arrese a Federico I, ma papa Alessandro III riuscì a fuggire rifugiandosi a Benevento. Dopo essersi fatto rieleggere imperatore dall'antipapa, il Barbarossa fu costretto a rientrare tempestivamente in Germania a causa di un'epidemia di peste scoppiata fra gli uomini del suo esercito. La Lega Lombarda nel frattempo si era molto rafforzata e persino alcuni feudatari avevano voluto aderirvi. Contro il marchese di Monferrato, pericoloso alleato dell'imperatore, era stata eretta, alla confluenza della Bormida con il Tanaro, una nuova città che, in onore del papa, protettore e animatore della Lega, fu chiamata Alessandria. Anche il re di Napoli, Guglielmo II il Buono, si schierò dalla parte della Lega, dovendo difendersi dalle mire di Federico Barbarossa sull'Italia meridionale. Sull'altro fronte Federico, malgrado gli sforzi, aveva potuto raccogliere un numero di forze insufficienti, per la defezione di molti suoi feudatari tra i quali Enrico il Leone.LA BATTAGLIA DI LEGNANOLa lotta fra l'impero e i comuni si concluse con la quinta discesa del Barbarossa in Italia, nel 1174. Appena varcate le Alpi, Federico I con l'esercito imperiale assediò Alessandria, ma quest'ultima riuscì a resistere per sei mesi, finché l'esercito della Lega non intervenne in suo favore. Il Barbarossa, costretto a sciogliere l'assedio della città piemontese, si preparò allo scontro finale. Il primo impatto fra le due forze avvenne a Montebello, presso Voghera, ma il risultato non fu definitivo: anzi, i rappresentanti della Lega e Federico I intavolarono delle trattative di pace. L'imperatore accettò di buon grado la tregua momentanea per due motivi: innanzitutto era molto preoccupato perché Enrico il Leone sembrava intenzionato a rendersi autonomo e, in secondo luogo, voleva approfittare di questo periodo di stasi per ottenere dei rinforzi dalla Germania. Ma, mentre il Barbarossa guidava le sue truppe incontro ai rinforzi che giungevano da Bellinzona, l'esercito della Lega decise di rompere i patti e di affrontare senza indugi il nemico in campo aperto. Lo scontro avvenne il 29 maggio del 1176 a Legnano, tra il Ticino e l'Olona, e vide la vittoria delle forze lombarde. Dopo un primo momento favorevole agli uomini di Federico I, i soldati della Lega stretti intorno al Carroccio e i novecento guerrieri della Compagnia della Morte, comandati da Alberto da Giussano, capovolsero le sorti della battaglia. Lo stesso imperatore in quest'occasione fu disarcionato, disarmato e costretto alla fuga. La vittoria dei comuni fu definitiva. La battaglia di Legnano rappresentò un enorme successo per i comuni, anche se in se stesso non fu di grandissima importanza: all'impresa bellica parteciparono solo poche migliaia di uomini e può dirsi tutt'al più suggestiva la vittoria dei "mercanti" sui feudatari, veri professionisti della guerra. Ma il significato della battaglia di Legnano era molto più ampio: per prima cosa essa fu la dimostrazione pratica dell'impossibilità storica e dell'inaccettabilità della politica imperiale di Federico Barbarossa che, con delle semplici delibere, pretendeva di cancellare cinquant'anni di storia e di evoluzione della società italiana. Inoltre la battaglia di Legnano, e in generale tutto il movimento di lotta che circondò la nascita della Lega Lombarda, dimostrò il vero spirito dei comuni che, di fronte al pericolo di perdere la propria autonomia, seppero lasciare da parte le discordie interne per produrre ad un movimento popolare molto compatto e determinato. È proprio in questo sentimento di fratellanza fra i vari comuni che sta il significato nazionale della Lega Lombarda e della sua vittoria sull'imperatore.LA PACE DI COSTANZAL'autorità di Federico I, già messa in discussione nei territori tedeschi dalla classe dei feudatari e soprattutto da Enrico il Leone, subì un duro colpo dalla sconfitta patita a Legnano. I fermenti anti-imperialistici si fecero sempre più accesi e decisi, soprattutto per l'atteggiamento ostile del Barbarossa nei confronti della Chiesa. Federico fu costretto a venire a patti con il papato, perché i feudatari ecclesiastici si rifiutarono di sostenerlo ulteriormente se non avesse stretto una pace con il pontefice. Nel novembre del 1176 Federico I si incontrò ad Anagni con papa Alessandro III ed espose la sua nuova linea politica nei confronti della Chiesa: abbandonò a se stesso l'antipapa (ponendo fine allo scisma nel 1180) e rinunciò pubblicamente a qualsiasi forma di controllo su Roma. In segno di approvazione, Alessandro III ritirò la scomunica contro Federico Barbarossa. Nel 1177 fu riunito il congresso di Venezia alla presenza di Federico I, di Alessandro III, del re di Sicilia Guglielmo II e dei rappresentanti della Lega Lombarda; in quest'occasione l'imperatore decretò la pace definitiva con il papato, riconoscendo le tesi ecclesiastiche, mentre con i comuni e con il re normanno stabilì una semplice tregua della durata di sei anni. Probabilmente il Barbarossa, prevedendo una rottura all'interno della Lega, sperava in un momento migliore per ritornare in Italia e nella possibilità di mantenere il proprio predominio sulla vita politica comunale. Ma al suo rientro in Germania Federico I fu impegnato nella riorganizzazione del regno: dopo essersi scontrato apertamente con il cugino Enrico il Leone ed averlo bandito dall'impero nel 1181, fu costretto ad una nuova distruzione dei ducati di Baviera e di Sassonia. Allo scadere della tregua, nel 1183, nessuna delle due parti era in grado di proseguire la lotta e così, dopo una serie di negoziati a Piacenza, si giunse alla conclusiva Pace di Costanza. L'imperatore riconobbe l'effettiva vittoria dei comuni e dichiarò l'annullamento delle deliberazioni delle Diete di Roncaglia. Ai comuni vennero così riconosciuti tutti i diritti che erano stati conseguiti prima e durante la guerra: potevano eleggere i propri magistrati, concludere fra loro leghe o alleanze e in definitiva godere della più ampia autonomia per quanto riguardava la politica interna ed estera. All'imperatore vennero concessi: il diritto di esigere un giuramento di fedeltà, rinnovabile ogni dieci anni, da parte di tutti i sudditi; l'autorità di poter giudicare in ultima istanza le controversie eventualmente sorte tra le città; ed infine il diritto di fodro, ossia di esigere denaro e ospitalità qualora con il suo seguito fosse giunto in Italia (a questo proposito fu anche specificato che l'imperatore doveva trattenersi nelle singole città per il minor tempo possibile). La Pace di Costanza quindi legittimò quell'autonomia politico-commerciale che i Comuni avevano incominciato a far valere molti anni prima della battaglia di Legnano. La nuova organizzazione amministrativa dei comuni trasformò ben presto le singole città in veri e propri Stati cittadini e, col passare del tempo, ridusse ad una semplice formalità l'atto di ossequio all'imperatore.LA FINE DEL BARBAROSSAPochi anni prima di morire, il Barbarossa riuscì a portare a buon fine le sue aspirazioni di dominio sull'Italia meridionale. Nel corso della sua sesta ed ultima spedizione in Italia, nel 1184, Federico I pattuì con Guglielmo II il Buono il matrimonio fra suo figlio Enrico di Svevia, già candidato alla successione imperiale, e Costanza d'Altavilla, ultima erede della stirpe normanna. Il papato, preoccupato da una futura successione sveva nel Mezzogiorno, cercò di ostacolare il matrimonio ma fu costretto ad accettare il fatto compiuto in quanto, dopo la caduta di Gerusalemme per opera dei Turchi, il clero preferì mantenere buoni rapporti con il Barbarossa, che stava organizzando il quegli anni la terza crociata. Enrico di Svevia e Costanza d'Altavilla si sposarono nel gennaio del 1186 a Milano. Federico I riuscì in questo modo ad annettere al Sacro Romano Impero il Regno di Sicilia; il merito di questa operazione va senz'altro riconosciuto alla scelta delle vie diplomatiche in a quelle militari. Nel 1190 Federico Barbarossa, dopo aver organizzato la terza crociata anti-musulmana con Filippo II Augusto (re di Francia) e Riccardo Cuor di Leone (re d'Inghilterra), morì durante il guado del fiume Salef, in Cilicia, molti chilometri prima di Costantinopoli. Così, dopo la morte di Guglielmo II, nel 1189, Enrico VI di Svevia divenne imperatore del Sacro Romano Impero e di Sicilia. Con lui si apre un nuovo importante periodo della storia della dominazione sveva; il primo è da considerarsi concluso con la morte di Federico I Barbarossa.GLI ESPLORATORI DEL DUECENTOCon l'inizio del Duecento si verificò un rapido aumento degli scambi commerciali italiani, non solo con l'Europa ma anche con altri continenti. È soprattutto in questo spirito che, trascinati dall'impeto di sempre nuovi e più intensi rapporti commerciali, ma anche culturali e religiosi, ebbero inizio i primi grandi viaggi alla scoperta del mondo. Papa Innocenzo IV inviò fino alla lontana Persia il frate lombardo Ascellino, per compiere una missione diplomatica alla Corte di Baku Kuan. Un altro frate, Giovanni da Pian del Carpine, percorse tutta la Russia meridionale per arrivare a Karakoram, una città dell'Asia centrale. I navigatori Ugolino e Vadino Vivaldi salparono da Genova nella primavera del 1291 e si lanciarono all'avventurosa scoperta dell'Oceano Atlantico, oltre le famose Colonne d'Ercole. Una volta passata Gibilterra e doppiate le coste africane, la galea di Vadino Vivaldi urtò violentemente contro uno scoglio a fior d'acqua e, danneggiata nella chiglia, si inabissò. Ugolino con i suoi uomini proseguì la navigazione verso il sud Africa ma, dopo aver fatto scalo a Gozora, non diede più notizie di sé. Nel suo viaggio attraverso l'Asia, il veneziano Marco Polo raggiunse Pechino, dove fu accolto con grandi onori e visse a lungo nel fasto della corte dell'imperatore cinese. Tornò a Venezia soltanto ventiquattro anni dopo.MARCO POLOViaggiatore veneziano. Suo padre Niccolò, che era mercante, nel 1261 intraprese insieme al fratello Matteo un lungo viaggio nelle regioni asiatiche. I due partirono dalla loro succursale di Soldaja, in Crimea, con un ricco carico di gioie, dirigendosi verso il basso Volga dove si estendeva lo Stato mongolico dell'Orda d'Oro. Dopo una lunga sosta nell'emporio di Sarai (non lontano dall'odierno Astrakan), si spinsero ancor più nell'interno, pervenendo, attraverso la steppa Kirghisa, a Buchara, dove si fermarono per tre anni, dedicandosi al commercio e allo studio della lingua e dei costumi dei Tartari. Da Buchara poi, accompagnandosi a un'ambasceria che il Khan di Persia inviava in Cina al gran Khan Kubilay, supremo signore mongolico, i fratelli Polo attraversarono l'intera Asia centrale, spingendosi fino a Sciang-tu (a Nord di Pechino), dove risiedeva allora la corte. Viaggio, questo, mai compiuto da nessun europeo dopo i tempi dell'imperatore Giustiniano, anche se qualche missionario, come Giovanni da Pian del Carpine, si era spinto nelle steppe del Gobi. Kubilay Khan, nipote del famoso Gengis Khan, accolse molto benevolmente i due europei, forse anche perché figli di una cristiana; e sempre per lo stesso motivo li incaricò, dopo averli ricoperti di doni e muniti di salvacondotto (la piastra d'oro) di ossequiare il pontefice e di ottenere da questi l'invio di "cento savi della legge cristiana", esperti anche nelle arti liberali, affinché insegnassero in Cina la religione e le arti dell'Occidente. Il viaggio di ritorno avvenne per terra da Pechino e terminò nel porto di Laiazzo (l'odierna Ayas sul golfo di Alessandretta, di fronte a Cipro). Nel 1269 i due fratelli giunsero a Venezia, dove trovarono ormai quindicenne il giovane Marco che il padre aveva lasciato infante. Prima di ripartire i fratelli Polo furono costretti ad attendere un paio d'anni l'elezione del nuovo pontefice, poiché era deceduto il papa Clemente IV. Dopo la nomina del nuovo papa Gregorio X (Tebaldo Visconti di Piacenza), interessatissimo al problema delle missioni, nel 1271 i fratelli Niccolò e Matteo, insieme a Marco (figlio di Niccolò), avuti dal papa lettere e doni per il gran Khan, si imbarcarono. Attraversarono l'Anatolia e l'Armenia, percorsero il Tigri, toccarono probabilmente Mosul e Baghdad e giunsero al porto di Ormuz, all'imbocco del golfo Persico. Di lì, scartata l'ipotesi di proseguire il viaggio via mare, attraversarono l'intera Persia e la regione desertica del Khorasan, superarono il Pamir, scesero verso il bacino del Tamir, attraversarono l'interminabile gran deserto del Gobi e il Catai (la Cina). Dopo un viaggio di tre anni e mezzo (1275) i tre viaggiatori arrivarono a Pechino (la Cambaluc de Il Milione), alla presenza di Kubilay Khan. Non tutte le tappe di questo viaggio sono sicuramente ricostruibili né tutte le città descritte da Marco Polo ne Il Milione sono identificabili con certezza, perché il libro non fu redatto seguendo un ordine cronologico. L'opera è costituita da quadri di una indelebile evidenza descrittiva e di una intelligenza pratica di grande portata e significazione. I Polo rimasero in Cina, ospiti di Kubilay, per ben 17 anni. In particolare Marco, che durante il viaggio aveva appreso le diverse lingue dei luoghi e che aveva dimostrato eccezionali doti di uomo di relazioni e d'affari, entrò nelle grazie dell'illuminato sovrano, che lo impiegò in svariate missioni diplomatiche e amministrative. Poté in tal modo assimilare profondamente i costumi, studiare a fondo le strutture civili ed economiche dell'Impero del gran Khan, nonché saziare la propria sete di scoperte geografiche ed etniche. Basti pensare che un viaggio di quattro mesi, compiuto per una delle tante missioni speciali, lo condusse al di là del Fiume Giallo fino alle terre inospitali del Tibet; che un altro viaggio ancor più lungo, di sei mesi, lo portò al di là del Fiume Azzurro nelle province meridionali della Cina; che un'altra volta, valicate le barriere montane del Sud, discese fin nelle terre birmane del fiume Irrawaddy, e che infine si spinse addirittura, nel 1285, in quello che Il Milione chiama Ciampa: l'odierna Indocina. Onore inusitato per uno straniero, a Marco venne affidato dal sovrano, per tre anni, il Governo di una popolosa città cinese. Dopo 17 anni di soggiorno nel Catai, i tre veneziani ottennero da Kubilay Khan il permesso di tornare in patria. L'occasione fu offerta dalla partenza per la Persia (1291) di una spedizione che accompagnava in sposa al sovrano di quella regione la bellissima principessa Cocacin. Questa volta il viaggio, dopo un primo tragitto per terra, si svolse prevalentemente via mare, con imbarco dal porto di Zaitun, situato di fronte all'isola di Formosa. Le 13 navi veleggiarono lungo le coste dell'Indocina, della penisola di Malacca, dell'isola di Sumatra (detta Giava minore). In quest'isola i venti contrari tennero ferma la spedizione per cinque mesi, costringendo le ciurme a ripararsi in un accampamento fortificato. Cessato il monsone estivo, il viaggio venne ripreso, toccando le isole Nicobare e Andamane, poi Ceylon, l'India meridionale e infine il golfo di Oman; i Polo rientrarono nel porto di Ormuz dopo 20 anni. Il ritorno fu un'impresa molto difficile: delle 600 persone che costituivano il convoglio in partenza, non più di 18 giunsero alla meta. I Polo si trattennero in Persia per un anno (1293-94); poi, attraverso Trebisonda, Costantinopoli e Negroponte, rientrarono a Venezia nel 1295. Marco sposò la nobildonna Donata Badoer, dalla quale ebbe tre figlie. Nel 1298 fu catturato, in uno degli innumerevoli scontri navali tra Venezia e Genova, e rinchiuso nelle carceri della Superba. In carcere dettò al compagno di sventura Rustichello da Pisa l'opera a cui è legata la sua fama di scopritore e la sua grandezza di scrittore, Il Milione. Rustichello redasse l'opera nella parlata allora più conosciuta e diffusa, dopo il latino, la lingua d'oil (in realtà però si trattava di un francese ricco di vocaboli e di forme italiane, nonché di deformazioni individuali). Eccezionale, oltre al modo in cui venne composta, fu anche la fortuna dell'opera: anche perché, anziché essere meramente letteraria, si rivolgeva a un mondo assai più vasto, ai mercanti come agli scienziati, ai missionari come agli uomini d'affari. Fu proprio lo strepitoso successo a danneggiarla: i troppi riassunti ed epiloghi cui andò soggetta finirono per storpiarne il testo originario. I codici a noi pervenuti sono ben 140 e comprendono volgarizzazioni in toscano e in veneto, nonché traduzioni in latino (Venezia o Curzola 1254 - Venezia 1324).Visita virtuale all’interno della chiesa di San Lorenzo a Venezia PICCOLO LESSICOANTIPAPAÈ un personaggio eletto al pontificato in opposizione al papa legittimo. Generalmente l'antipapa era un uomo di fiducia dell'imperatore al quale egli ricorreva durante le lotte con lo stato della Chiesa. Un esempio di ciò si verificò quando Barbarossa elesse Vittore IV in contrapposizione ad Alessandro III.BUCINTOROEra una particolare nave da parata utilizzata dai Dogi di Venezia. Realizzata con una cura particolare e ricca di motivi ornamentali, veniva usata ogni anno nel corso della famosa cerimonia detta sposalizio del mare, durante la quale il Doge in carica gettava un anello nel Canal Grande celebrando simbolicamente il matrimonio fra la città di Venezia e il mare, fonte di ricchezza.CARROCCIOCarro sacro e militare, utilizzato nelle battaglie medioevali, simbolo della fede e della libertà del Comune. Pare sia stato introdotto nel 1039 a Milano dall'arcivescovo Ariberto d'Intimiano e poi adottato da altri comuni. Era un grande carro trainato da buoi ricoperti da gualdrappe bianche. Sul carro veniva innalzato un albero maestro, a cui venivano appesi il gonfalone, simbolo della città e una campana, detta martinella che con i suoi rintocchi lanciava il segnale ai combattenti.Al centro del carro era posto un crocefisso, di grandezza naturale, e ai suoi piedi un sacerdote, durante gli scontri, celebrava la messa e benediceva i combattenti. A difesa del Carroccio si schierava la Compagnia della Morte, formata da milizie cittadine, che avevano giurato di morire piuttosto di abbandonare il carro sacro. CORVÉEVoce francese: serie di prestazioni personali, dovute al signore nel diritto feudale, generalmente consistenti in alcune giornate di lavoro. In Francia, passarono anche nel diritto pubblico e vi fu una corvê regia, per la quale i non privilegiati erano obbligati a costruire e mantenere le strade, ecc.REGALIENella seconda Dieta di Roncaglia (del novembre 1158) Federico I dedicò molto spazio a questo problema. Le regalie sono in sostanza tutti i diritti che spettano al sovrano e a nessun altro. Federico I, in contrapposizione ai Comuni, stipulò un lungo elenco delle principali regalie: fra queste vennero inclusi gli introiti delle multe e delle pene, la facoltà di eleggere i magistrati, il diritto di coniare moneta, il diritto di ripatico, il possesso dei beni senza padrone o di quelli tolti agli indegni e ai condannati, ecc...SCISMASeparazione di un gruppo di fedeli dalla Chiesa cattolica. Si differenzia dall'eresia perché, mentre l'eretico è in dissenso con la dottrina della Chiesa, lo scismatico invece, anche se non esiste un vero e proprio contrasto sui dogmi, si rifiuta di riconoscerne la gerarchia e la disciplina (ad esempio non accetta la superiore autorità del papa). Gli scismi più noti furono: lo Scisma d'Oriente (1054: separazione di Roma dal patriarcato di Costantinopoli e nascita della Chiesa greco-ortodossa); il Grande Scisma d'Occidente (1378-1417); e lo scisma anglicano che diede origine alla Chiesa d'Inghilterra (con Enrico VIII, nel 1534).PERSONAGGI CELEBRIALBERTO DA GIUSSANOEroe lombardo. Probabilmente è da identificarsi con Alberto da Carate o con Alberto Longus che rappresentarono Milano a Pontida. A lui, secondo la tradizione, spetterebbe gran parte del merito della vittoria dei Comuni contro Federico Barbarossa. Il patriottismo risorgimentale lo elevò a campione della libertà: Carducci infatti a tale proposito lo ricordò nella nota Canzone di Legnano (1879).ARIBERTO DA INTIMIANO(970 circa - 1045). Arcivescovo e conte di Milano; sostenne Corrado di Franconia, caldeggiando la sua proclamazione a re d'Italia. Assurto a grande autorità, volle domare i suoi vassalli, tra cui serpeggiava la rivolta. Nel 1035, questi si unirono in lega per iniziare una lunga lotta: accusato di tradimento, Ariberto fece insorgere nel 1036 i milanesi, che parteggiarono per il loro vescovo. Nel 1037 e nel 1039, Corrado II tentò l'assalto di Milano, ma l'impresa fallì. Ariberto, intanto, attrezzata la città a valida difesa, ideò il famoso Carroccio (v.). Dalla militarizzazione generale della popolazione nacque il comune.ARNALDO DA BRESCIA(Brescia fine XI secolo - Roma 1155). Fu un grande riformatore religioso. Nel 1139 dopo aver preso posizione contro il vescovo Manfredo fu scacciato dall'Italia.Rifugiatosi in Francia, nel 1140 fu condannato dal concilio di Sens, per aver partecipato alle dispute fra Bernardo di Clairvaux e Abelardo, suo maestro. Espulso dalla Francia si recò a Zurigo presso i canonici agostiniani di S. Martino. Nel 1143, alla morte di Innocenzo II, tornò in patria proprio mentre il popolo di Roma si era ribellato al pontefice Eugenio III per conquistare l'autonomia cittadina. Dopo essersi fatto capo di questo movimento, predicando una Chiesa più vicina alla vita spirituale dei fedeli e meno attratta dalle questioni terrene, fu catturato nel 1154 da Federico Barbarossa che lo consegnò al pontefice in segno di collaborazione. Arnaldo finì sul rogo dopo essere stato accusato di eresia e le sue ceneri furono disperse nel Tevere. CORRADINO DI SVEVIA(Wolfstein 1252 - Napoli 1268). Duca di Svevia. Alla morte del padre Corrado IV, fu allevato dallo zio materno Ludovico di Baviera, mentre Manfredi usurpava il regno di Sicilia. Nel 1267 discese in Italia per riprendere le terre a Carlo d'Angiò che se ne era impadronito dopo la morte di Manfredi. Ma giunto a Tagliacozzo venne sconfitto dalla truppe francesi e durante la fuga fu fatto prigioniero dal Frangipane che lo consegnò a Carlo, il quale lo fece giustiziare a Napoli nel 1268.FEDERICO I detto IL BARBAROSSA(1123-1190). Imperatore del Sacro Romano Impero e re di Germania, era imparentato con la casa di Hohenstaufen e con i duchi di Baviera. Fu eletto re di Germania nel 1152. Disceso in Italia con un forte esercito, si fece incoronare re d'Italia a Pavia e imperatore a Roma nel 1155. Dal 1158 effettuò altre quattro spedizioni in Italia per combattare contro il papa e i comuni.Assediò e distrusse Milano nel 1162, ma fu sconfitto a Legnano nel 1176 dall'esercito della Lega Lombarda. Nel 1189 prese parte alla Terza Crociata (da lui organizzata), durante la quale morì annegato nel fiume Salef (Cilicia). MANFREDI RE DI SICILIA(1232 - Benevento 1266). Figlio di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, combattè al seguito del padre durante le peregrinazioni guerresche di questi. Anche dopo la cattura del fratello Enzo, prigioniero a Bologna, continuò a combattere vincendo un poco dappertutto in Emilia e Lombardia in unione al cognato Ezzelino da Romano, quando Federico II rinunciò alla lotta, forse presago del male che nel 1250 doveva ucciderlo. Alla sua morte il Regno di Sicilia fu ereditato dal figlio Corrado IV che allora si trovava in Germania e Manfredi ne divenne il reggente.Dovette probabilmente tramare per impadronirsi del regno perché nell'anno successivo, alla venuta di Corrado in Sicilia, fu privato dei suoi feudi e diritti e tenuto a Corte in posizione subalterna e pressocché prigioniero. Corrado IV morì nel 1254 e gli successe il figlio Corradino, anch'egli assente dalla Sicilia; Manfredi tentò di farsi nominare Vicario in sua vece ma incontrò l'ostilità generica dei feudatari e quella ancor più decisa ed irriducibile del pontefice Innocenzo IV che giunse anche a scomunicarlo. Manfredi giudicò allora più conveniente rappacificarsi col Papa e questi lo assolse. Nel dubbio però che il perdono, come era costume dei tempi, celasse l'insidia, Manfredi preferì rifugiarsi a Lucera, colonia saracena fondata da Federico II ed a lui fedelissima, che gli fornì un corpo di armati a tutta prova coi quali combattè gli eserciti pontifici riuscendo infine a conquistare l'agognato Regno di Sicilia (1258), anche diffondendo la notizia, falsa, della morte di Corradino. L'allora pontefice Urbano IV non vide di buon occhio Manfredi re, del quale temeva soprattutto il programma di rafforzamento della parte ghibellina e, mentre nuovamente si combatteva, dieve l'investitura di quel regno a Carlo d'Angiò. Questi sbarcò nel Lazio nel 1265 e l'anno successivo costrinse a battaglia Manfredi che si era ritirato a Benevento, abbandonato dalla parte più forte e migliore dei suoi antichi seguaci. Lo scontro decisivo avvenne il 26 febbraio 1266 nei dintorni della città ed in esso Manfredi cadde combattendo valorosamente e concludendo con la sua scomparsa il ciclo svevo in Italia. Il suo corpo, in un primo tempo sepolto presso un ponte, fu poi per ordine del Vescovo di Cosenza riesumato e distrutto. Manfredi fu uomo colto e cortese; protesse le arti e le lettere ed egli stesso si dilettò di poesia. La sua romantica figura e la sua fine leggendaria hanno ispirato letterati e poeti fino al secolo scorso. Dante lo ricorda nel terzo canto del Purgatorio. MARCO POLO(Venezia o Curzola 1254 - Venezia 1324). Viaggiatore veneziano. Nel 1269, quando Marco aveva 15 anni, suo padre Niccolò e suo zio Matteo, partiti per l'Oriente da parecchi anni, tornarono a Venezia. Si erano impegnati a ripartire per la Cina dove il Kubilay Khan li attendeva con cento saggi occidentali che il papa avrebbe dovuto inviare. Poiché il nuovo pontefice tardava a essere eletto, dopo due anni di attesa i fratelli Polo e il giovane Marco decisero di partire per l'Oriente. Dopo un'odissea di 30 mesi arrivano a Cambaluc (l'odierna Pechino). Marco rimase alla corte del Kubilay Khan 17 anni, svolgendo missioni e incarichi importanti. Marco Polo parlò di questo periodo descrivendo numerose località dell'Impero e avvenimenti della storia cinese di quel tempo, costumi e credenze, palazzi e banchetti, feste di principi e di popoli. Dopo il suo ritorno a Venezia prese parte a una battaglia navale tra Venezia e Genova nell'isola di Curzola, sulla costa dalmata, dove fu fatto prigioniero dai Genovesi il 7 settembre 1298. In carcere dettò a Rustichello da Pisa Il Milione, in cui furono raccolte le cronache del suo viaggio.RICCARDO I, re d'Inghilterra, detto CUOR DI LEONE(Oxford 1157 - Châlus, Limosino 1199). Terzogenito di Enrico II Plantageneto e di Eleonora d'Aquitania, ottenne il titolo di conte del Poitou e nel 1170 fu creato duca d'Aquitania. Nel 1190 partecipò alla III Crociata. Dopo aver conquistato S. Giovanni d'Acri (1191) proseguì la campagna conto il Saladino senza tuttavia riuscire ad espugnare Gerusalemme. Mentre tornava in patria fu consegnato all'imperatore Enrico VI che lo liberò solo nel 1194. Tornato in Inghilterra combattè contro il fratello Giovanni senza Terra; successivamente ripartì per la Francia dove riprese possesso dei territori di cui Filippo II Augusto si era impadronito.RIASSUNTO CRONOLOGICO1015-1022: Pisa e Genova allontanano gli Arabi dalla Sardegna.1091: Pisa e Genova occupano anche la Corsica, sconfiggendo i califfati musulmani. 1122: Concordato di Worms fra Callisto II ed Enrico V. 1125-1152: Lotte fra Guelfi e Ghibellini in Germania. 1152: Federico I re di Germania. 1154: Prima discesa in Italia e Dieta di Roncaglia. 1158: Seconda discesa in Italia e Seconda Dieta di Roncaglia. 1159: Alessandro III viene eletto al soglio pontificio e gli imperiali gli oppongono Vittore IV in qualità di anti-papa. 1162: Barbarosa fa distruggere Milano. 1167: Fondazione della Lega Lombarda a Pontida. 1176: Battaglia di Legnano e incontro di Anagni. 1177: Durante il congresso di Venezia, Federico I firma la pace con il papa e la tregua con i comuni. 1183: Pace di Costanza. 1184: Ultima discesa del Barbarossa in Italia. 1186: Matrimonio fra Enrico VI e Costanza d'Altavilla. 1189: Muore Guglielmo II il Buono, re di Sicilia. 1190: Muore Federico I ed Enrico VI viene incoronato sovrano del Sacro Romano Impero, di Germania e di Sicilia. Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
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